Forse il mondo non è mai stato così complesso. E forse complessità è l’unico il medium linguistico idoneo ad afferrare una realtà odierna che, di certo, ha solo l’indole sfuggente. Un termine che può aver il vanto di essere il prodotto della secolarizzazione, della negazione della spiegazione verticale e trascendente della realtà, ma che soprattutto denunzia scetticismo, nel suo significato originario di “sospensione del giudizio”. Quello d’oggi è il mondo globalizzato, postmoderno, del non sistema internazionale. E’ la fine delle ideologie, delle grandi narrazioni. Un mondo che procede per tentativi, non per grandi progetti, la cui unica legge cui sembra obbedire è quella dell’eterogenesi dei fini. Un mondo cui si è dato un nome, ma di cui fatichiamo ancora a comprendere la natura. La globalizzazione ha reso potenzialmente infinito il patrimonio di conoscenze che necessitiamo per comprenderla. Ripiegare su soluzioni riduzionistiche quali l’accumulazione di big data ci fa scordare che la realtà ci appare tale in quanto caricata di strutture di significato umane.