Le rivoluzioni che hanno sconvolto il mondo arabo hanno trovato un significativo parallelo nella rivoluzione che sta caratterizzando l’immagine digitale, rivoluzione che chiama in causa da una parte l’importanza della documentazione per la formazione di una memoria collettiva, e dall’altra “l’estetica del sangue”. Quand o sono iniziate le proteste della “primavera araba” le persone hanno avvertito l’arrivo di nuove libertà. La libertà, nel sogno, appare unica e perfetta.La sua incarnazione, nella realtà, prende forme diverse a seconda dello sguardo che la contempla. Questa pluralità di forme è testimoniata dai lavori attraverso i quali tanti giovani documentaristi arabi, residenti nei paesi d’origine o emigrati in Europa, come El-Mahedy o il sottoscritto, hanno cercato di raccontare la “primavera araba” ad una moltitudine di pubblici. In primis a sé stessi, per cercare di “fare il punto” di una situazione in divenire, quindi al pubblico arabo e occidentale. L’ondata di documentari prodotti sull’argomento è stata chiamata dagli studiosi di cinema arabo “Cinema della primavera araba” e “Primavera del film documentario”. Stiamo vivendo in un periodo di ”democratizzazione del cinema”.