La mia libro fonda, innanzi tutto, il suo principio, la sua origine, su una domanda. Perché empatia? Perché addensare la mia attenzione, che poi s’è fatta ricerca, sul ruolo e il valore dei sensi in architettura? Dopo un leggero istante di turbamento, mi son ritrovato contento nel veder che la risposta coincidesse esattamente con quella ad un’altra domanda. Perché ho scelto di studiare architettura? Perché, da sempre, credo, ho dipinto questa materia, o scienza, o disciplina, come un grande e affascinante catalizzatore del tutto: del mondo, dell’uomo; perché alla fine, il tutto è proprio questo. Perché, se l’architettura è fatta per commuovere, citando Le Corbusier, si presuppone, giustamente, che essa debba far commuovere qualcuno. D’altro canto, ogni oggetto, affinché possa esser definito tale, implica un ente che lo percepisca, lo comprenda, lo senta.